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Diego De Silva

Diego De Silva, scrittore, giornalista e sceneggiatore, è nato a Napoli nel 1964. Il suo romanzo "La donna di scorta" (1999) è stato finalista del premio Montblanc, "Certi bambini" (2001) è stato selezionato per il premio Campiello e "Non avevo capito niente" (2007) ha vinto il premio Napoli ed è stato finalista al premio Strega. Da "Certi bambini", la crudele storia di un ragazzo di strada assoldato come killer dalla camorra, è stato tratto nel 2004 l'omonimo film diretto dai fratelli Frazzi, vincitore di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, fra i quali l'Oscar europeo e due David di Donatello. Molti suoi racconti sono apparsi in svariate antologie, fra le quali "Disertori e Crimini". Dal racconto "Il covo di Teresa", in particolare, nel 2006 è stato tratto un film tv interpretato da Lina Sastri per la regia di Stefano Sollima. Con Antonio Pascale e Valeria Parrella ha firmato lo spettacolo teatrale "Tre terzi", interpretato da Marina Confalone e diretto da Giuseppe Bertolucci. Tra i suoi ultimi lavori si ricordano i romanzi "Sono contrario alle emozioni" e "Mancarsi". Oltre a scrivere per il cinema, la tv e il teatro, De Silva collabora al quotidiano "Il Mattino". I suoi libri sono tradotti in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Olanda, Portogallo e Grecia.


“Non siamo responsabili dei nostri sentimenti né del flusso che li causa o li alimenta e tutto sommato neanche delle nostre azioni, anche se poi dobbiamo risponderne (e farlo anche se nessuno ce lo chiede), com’è giusto che sia.”
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“C' è una foto che Irene ha scattato con gli occhi, un frammento, una di quelle istantanee dov'è condensata tutta la tenerezza per qualcuno che abbiamo amato o amiamo ancora, e che si acquattano nella memoria per la vita.”
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“- Mia nonna, quando il nonno morì, si mise a dormire al suo posto. Diceva che in quel modo non sentiva il vuoto accanto. […] Così, - continua Nicola, - quando di notte si svegliava, guardava il posto vuoto vicino al suo e pensava “Ma vedi, non ci sono”.”
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“La sincerità è sintetica, a volte telegrafica, e perciò spietata.”
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“È curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che ce l'ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l'occhio all'orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l'anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l'occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo.”
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“Sono stanco del senso di colpa in sottofondo, di pensare che ci sia sempre qualcosa di sbagliato in me, qualcosa che dovrei fare e non faccio, qualche treno che ho perso, qualcosa d’importante che non ho ancora risolto.”
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“Ci credo che al cuore non si comanda… non capisce un cazzo.”
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“Succede continuamente. Ogni giorno, in ogni parte del mondo qualche milione di persone dice al milione che ha incontrato: «Non so perché sto raccontando tutte queste cose proprio a te, che ti conosco appena». E invece sa benissimo quello che fa.”
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“Viviamo nell'attesa permanente di un estraneo a cui consegnarci mani e piedi. A cui saremmo capaci di sacrificare gli affetti più cari, se necessario. Anche quando siamo in malafede. Anche se sappiamo benissimo che al momento opportuno ci tireremo indietro attaccandoci alla più ignobile delle scuse. Conta però il momento in cui siamo disposti a tutto. E tutto significa, papale papale, tutto.”
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“Dorina stava con gli occhi chiusi quando sentì scendere le mani di lui verso i seni...alzò le braccia e gli prese la nuca...tirò l'aria. Livio le affondò la bocca tra il collo e la spalla. Dorina si voltò...gli sbottonò la camicia...scoprendogli completamente il torace. Gli percorse la pella nuda....Si levò il maglione..e scoprì il seno. Livio voleva toccarla. Lei lo prese per i fianchi e lo tirò a sé. Poi gli strinse le braccia intorno al collo. Lui sentì i suoi capezzoli che gli affondavano nella pelle...Le restituì l'abbraccio. Rimasero schiacciati uno all'altro, con la città accesa tutt'intorno.”
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“Ormai conosceva tutto di lei, anche i graffi sulle mani, eppure quando la cercava col pensiero non c'era verso di prenderla. Era come quei personaggi dei sogni che ti dicono due o tre parole alludendo a una verità che ti guarda, e quando ti avvicini per sapere si allontanano appena, ma abbastanza per non farsi raggiungere.”
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“Lo aveva accolto nella sua vita senza riserve. Non gli aveva chiesto rinunce. Gli aveva aperto la casa, l’ufficio, perfino le carte del lavoro. Un altro, al posto suo, e soprattutto lui stesso, pensava, avrebbe fatto i salti di gioia. Invece Livio si sentiva privato di una cosa importante. Ad ogni incontro con lei si accorgeva di dipendere un altro po’ dalla sua bocca chiusa, da quel secondo posto accettato con naturalezza. Come se la certezza che l’assetto della sua vita non fosse minacciato da Dorina, invece di rassicurarlo, gli mettesse dentro l’inquietudine. Quante volte, nel salutarla per andarsene, la guardava cercandole uno straccio di rancore. Quanto avrebbe dato per un’alzata di sopracciglia, una smorfia da niente. Per non sentirsi addosso quella ridicola infelicità.”
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“Ma io non sono uno emotivamente attendibile. Sono uno dalla rabbia labile, cui basta pochissimo per riconoscere le ragioni della parte avversa, specie se la parte avversa è la mia donna. Per dirla in altri termini, soffro di capitolazione precoce.”
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“Io non sono un duro. Non lo sono mai stato. In vita mia, se devo essere completamente sincero, credo di non aver mai preso una decisione. Non mi piacciono molto le decisione. Per decidere devi essere convinto, e io non sono convinto quasi di niente. Sono più un tipo da opzioni, ecco.”
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“E sì, mi manca ancora. Per quanto incomprensibile possa essere, sento ancora la sua mancanza. La sento soprattutto in questo tipo di situazione, quando esco, quando mi siedo in un ristorante con qualcuno, quando viene un po’ di sole dopo che ha piovuto, quando la gente intorno parla del più e del meno, quando la normalità incalza. E’ soprattutto in quei momenti che mi domando cosa ci faccio lì. Perché rimango. Perché non me ne vado. E perché quello che mangio non sa di niente. E perché delle cose che mi dicono gli amici, cose per le quali dovrei provare un qualche interesse, non m’importi assolutamente nulla. E risponda per pura cortesia, sperando che se la bevano e pensando che se pure non se la bevono fa lo stesso. E perché quando mi sembra di cominciare a rilassarmi, finalmente, vengo subito assalito dal solito stormo di piccoli ricordi felici che vuole portarmi via da dove sto. E perché mi sembra di aver lasciato la vita da qualche parte. Ma dove?Fanculo, va’.”
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“A forza di soffrire per te ho contratto un debito intellettuale nei confronti del tempo che attraverso. Sono un militante del pensiero critico. Mi attirano libri che fino a qualche tempo fa m’innervosivano solo a leggerne il titolo. Sei compatibile con tutto: con il privato, il pubblico, la politica, l’etica, l’estetica, la religione, la musica, la letteratura, il cinema, il teatro, l’informazione, la tecnologia, la pubblicità dei pannolini e persino quella delle macchine. Ogni cosa è compromessa con te. E io sono obbligato a speculare su tutto, perché tutto ti riguarda. Sei ovunque, tranne dove vorrei che fossi. Indovina dove.”
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“Io non mento a me stesso per ingannarmi. Mento a me stesso per crederci. So come mi sento e perché. Conosco ogni micromovimento, avvisaglia, sintomo o rumore del mobbing dell’infelicità. Quello smarrimento così caratteristico, che rende l’aria disgustosamente dolciastra, come di pesche andate a male. Quella solitudine definitiva. Quella svalutazione immediata di tutto. Di me stesso, soprattutto.”
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“Neanche comincio a descrivergli com'era vestita che già mi ferma.— Sa cosa? Mi sembra che questa storia non rappresenti affatto un problema, per lei.«Andiamo bene, — penso, — manco ho iniziato e già ti sembra?»— Come fa a dirlo, scusi?— È il tono che usa. Sembra orgoglioso di sé.Lo fisso. Ci metto un po' a riconoscere che è vero.”
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“Perché la vita è fatta soprattutto di patteggiamenti. Di situazioni in cui – questa è la rivelazione che spiazza – ti scopri capace di una comprensione al ribasso che normalmente non ti spieghi, quando la riconosci negli altri. E capisci alcune cose.”
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“In altre parole, io non ci riesco a prendermi le cose che voglio. Mi sembra ridicolo pensare che le cose siano semplicemente lì, e che è colpa tua se non te le prendi. Non ci ho mai creduto alla storia che bastasse allungare la mano. E il fatto che un altro ci riesca non mi convince nemmeno per un attimo che sia vera, e questo è tutto.”
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“Quando una donna ti dà del cretino, generalmente si sta innamorando. E io mi sento così cretino, adesso, che mi metto a camminare in mezzo alla strada senza curarmi delle macchine che mi evitano e nemmeno mi strombazzano, tanto devo sembrare cretino, evidentemente.”
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“Il falso cinismo è il vezzo del professionista che mostra d'essere altrove quando chi dipende dal suo intervento è vincolato a una condizione d'immobilità.”
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“— Ma voi donne, possibile che siete sempre attratte dalle menomazioni ? Insomma, uno si fa un mazzo tanto così per sembrare promettente, affidabile, convinto delle cose che dice; studia, lavora, fa carriera, va in palestra, si veste alla moda, si rovina la vita insomma, e poi che cosa gli confidate quando decidete di dargliela? «Non mi piacciono gli uomini belli»; «La tua pancia mi dà sicurezza»; «Le tue gaffes sono adorabili»... E che palle. Almeno ditelo prima.”
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“Mi succede sempre così, a me, coi problemi. Da lontano, mi fanno fare un sacco di discorsi complicati. Quando poi ci vediamo, troviamo sempre il modo di metterci d'accordo.”
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“In fondo non è male tenere in gabbia le persone che si amano.”
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“Se ci fate caso, la gente si rincretinisce per pochissimo, mica perché rimane veramente vittima di chissà quali raffinatezze.”
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“Parlare non risolve i problemi, semmai gli dà una lisciatina. Non si può fare affidamento sulle parole, questo è tutto.”
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“Certe volte penso, ma lo penso veramente, che bisognerebbe piantarla con questa storia del parlare. Perché tanto non serve a niente. Non è questione di capirsi, fare fatica a ritrovarsi nelle cose; non è questo. È che nessuna conversazione regge l'argomento per più di un paio di battute; è la pertinenza, il problema.”
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“Spesso la gente non ha le emozioni chiare, altro che le idee.”
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“Se non hai paura di una cosa, allora quella cosa impara a stare lontana da te, perché capisce che più di tanto non riesce a danneggiarti, e con tutta la gente danneggiabile che c'è in giro non è che si mette a perdere tempo con uno che non l'apprezza.”
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“Ho riflettuto molto, in questi giorni. E la sai una cosa? Non ho capito niente.”
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“Dicono che la felicità si trova nelle piccole cose. Sapeste l'infelicità.”
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“Mi sa che è questo il mio limite: mi mancano le conclusioni, nel senso che ho l'impressione che niente finisca mai veramente. Io vorrei, vorrei davvero che i dispiaceri scaduti, le persone sbagliate, le risposte che non ho dato, i debiti contratti senza bisogno, le piccole meschinità che mi hanno avvelenato il fegato, tutte le cose a cui ancora penso, le storie d'amore soprattutto, sparissero dalla mia testa e non si facessero più vedere, ma sono pieno di strascichi, di fantasmi disoccupati che vengono spesso a trovarmi. Colpa della memoria, che congela e scongela in automatico rallentando la digestione della vita...”
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“Se c'è una cosa che mi fa impazzire del cinema, è la terapia del dolore. La rimozione dell'infelicità. La censura della fatica di uscirne. La vita che ricomincia solo quando è tornata sopportabile. Non so che darei per praticare il «sei mesi dopo» nella vita non filmica.Oh, lo so cosa state pensando. Sento già l'obiezione: «Sì, d'accordo, ma anche quel tempo intermedio è vita: se lo salti, è come se morissi nell'intervallo».Sentite questa, allora: «Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita».Bella, eh?E sapete chi l'ha detta?Rita.Levi.Montalcini.Ecco chi.Per cui, al diavolo la retorica dela vita che vale la pena anche quando è sofferenza. Io,se posso, la sofferenza la evito.”
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“Poi è andata com'è andata. É andata come sappiamo. Sono finite le autoriduzioni, le lotte armate, le rivoluzioni, le autonomie operaie. Ai concerti si paga il biglietto, e che biglietto. I musicisti sono diventati rockstar, o almeno ci hanno provato senza vergogna. Hanno fatto la fila per un passaggio in tv, sono andati al festival di Sanremo e pure al Festivalbar. E se prima si difendevano ai concerti da chi li processava, adess si lamentano se i loro dischi si scaricano dalla rete. Parlano male della droga, del sesso senza amore, della politica che non usa la lingua della ggente. Si sposano (addirittura qualcuno in chiesa), mettono su famiglia, scoproni i valori, smettono di bere, di farsi, consigliano ai giovani di non sprecare la propria vita.Il mercato ha vinto. Il pubblico ha sfrattato il popolo. Siamo più liberi,oggi. Di comprare quello che vogliamo.Ma non è un caso, alla fine se abbiamo sempre meno musica che vale la pena d'essere comprata.”
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“Per noi,adesso,l'amore è uno scambio di colpe.”
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“Tanto per dire, non ho mai lasciato una donna. Il che non significa che non abbia prestato la mia collaborazione passiva affinché un rapporto si estinguesse a fuoco lento. Anzi, nell’omissione di soccorso sentimentale sono stato recidivo, se proprio devo confessare l’illecito. Ma rimanere inerti mentre una relazione annaspa non è la stessa cosa che dire «senti io non voglio più stare con te e questo è quanto».”
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“In ambito pubblico vige il comune senso dell’estetica, vale a dire quel potentissimo inibitore sociale rubricato alla vaga ma inconfondibile voce «Pare Brutto».La caratteristica peculiare del Pare Brutto è che si manifesta all’improvviso sotto forma di dubbio, per cui una cosa (un gesto, un’affermazione, una domanda) anche se non pare ancora brutta ma c’è una minima possibilità che lo diventi, ti fa astenere automaticamente dal farla.É un canone estetico estremamente mobile il Pare Brutto. Non si sa in cosa esattaemtne consista, ma accidenti se funziona. [...]É una specie di censore invisibile, che cerca di preservarti da figure di merda non gravissime.Semplificando, il Pare Brutto, ovvero il comune senso dell’estetica, potrebbe essere definito come il timore di fare o dire qualcosa di cui potresti perntirti. Per opporti alla sua dittatura devi avere stile, e saperlo, Devi, insomma, avere una gran fiducia in te stsso.Ho appena spiegato la ragione per cui non riesco a oppormi alla dittatura del Pare Brutto.”
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