“Noi apparteniamo già a un mondo enormemente più vasto [rispetto a quello dei nostri bisnonni], del quale è naturale avere un certo timore, ma con il quale non possiamo misurarci guidati solo dal timore. L'alternativa alle appartenenze, e soprattutto al culto delle appartenenze, è tenere gli occhi bene aperti e scandalizzarsi solo quando è indispensabile: cercare di osservare il più possibile quanto ci circonda, far precedere il giudizio dalla conoscenza, in modo da non farci cogliere impreparati dai cambiamenti che si succedono sempre più in fretta.”
“Il rischio, secondo noi, non è tanto nella lettera di queste norme, ma nella loro implicita accettazione di un principio di disuguaglianza di fronte alla legge [...]. E' complicato dire cosa possano produrre a lungo termine, ma sembra improbabile che possano aiutare a raggiungere una passabile convivenza fra chi è nato nel nostro paese e chi ci vive non essendoci nato. Possono contribuire, invece, a creare un terreno di incultura dove il buon senso viene invocato per giustificare posizioni ambigue, che generano posizioni ancora più ambigue, che a loro volta scivolano verso un aperto razzismo. Il buonsenso, concetto tra i più equivoci del nostro vocabolario, rischia di diventare un'arma a doppio taglio, una leva che spinge pericolosamente i nostri giudizi verso territori governati dal pregiudizio.”