“L'uomo non è che un essere mortale, esiste un limite che il coraggio umano non può varcare. Per un attimo il signor Pickwick scrutò attraverso gli occhiali quell'avanzata di massa, poi si girò e non diremo che se la desse a gambe, in primo luogo perché si tratta di un'espressione volgare e in secondo luogo perché la figura del signor Pickwick non era adatta a un tal genere di movimento, ma diciamo che semplicemente trotterellò via con la massima velocità che le gambe gli consentivano, anzi la sua fu una velocità così elevata da non consentirgli di afferrare in pieno, se non troppo tardi, la notevole delicatezza della situazione in cui si trovava.”

Charles Dickens

Charles Dickens - “L'uomo non è che un essere mortale...” 1

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“Non ha senso entrare in contatto così con una persona e poi andare via. Non lo capisco. Lo strano è che io sono un asociale, ma quando entro in contatto con uno sconosciuto – anche se si tratta solo di un sorriso o di un cenno con la mano, che non credo sia considerato un vero contatto ma per me lo è – mi sembra che dopo non possiamo andarcene ognuno per la sua strada come se niente fosse. (...) Immagino la sua vita come una piramide, un iceberg di cui vedo solo la punta, la punta minuscola, ma sotto la superficie la piramide si allarga, si allarga verso il basso e nel passato, sempre più indietro, tutta la vita gli sta sotto, gli sta dentro, le mille cose che gli sono successe, e il risultato è quel momento, quel secondo in cui mi ha sorriso. (…) Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto. Come si fa a saperlo? (…) Andandomene mi sembrava di abbandonarlo, di passar la vita, giorno dopo giorno, a abbandonare la gente.”

Peter Cameron
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“In effetti, [dio] sarebbe riapparso solo molto più tardi, in una data di cui non è rimasta traccia, per scacciare la sventurata coppia dal giardino dell’eden per il nefando crimine di aver mangiato del frutto dell’albero del bene e del male. Questo episodio, che diede origine alla prima definizione di un peccato originale fino ad allora ignorato, non è mai stato ben spiegato. In primo luogo, persino l’intelligenza più rudimentale non avrebbe alcuna difficoltà a comprendere che essere informato sarà sempre preferibile a ignorare, soprattutto in materie tanto delicate come lo sono queste del bene e del male, nelle quali chiunque si mette a rischio, senza saperlo, di una condanna eterna a un inferno che allora era ancora da inventare. In secondo luogo, grida vendetta l’imprevidenza del signore che, se realmente non voleva che mangiassero di quel suo frutto, avrebbe avuto un rimedio facile, sarebbe bastato non piantare l’albero, o andare a metterlo altrove, o circondarlo da un recinto di fildiferro spinato. E, in terzo luogo, non fu per aver disobbedito all’ordine di dio che adamo ed eva scoprirono di essere nudi. Nudi e crudi, con tutto quanto all’aria, c’erano già quando andavano a letto, e se il signore non aveva mai notato una mancanza di pudore così evidente, la colpa era della sua cecità di progenitore, proprio quella che, a quanto pare inguaribile, ci impedisce di vedere che i nostri figli sono, in fin dei conti, tanto buoni o tanto cattivi quanto gli altri.”

José Saramago
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“Ed è la vendetta del mondo, perché la letteratura che non si difenda dal mondo cos’è, se non mondo? E il mondo è qui polimero fuso: ma fuso a forma di letteratura, così, volessimo uscire, sappiamo che non si può, nemmeno ogni tanto.”

Michele Mari
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“Attraverso le inferriate della sua individualità, l’uomo fissa senza speranza le mura di cinta delle circostanze esteriori, finché arriva la morte e lo richiama a casa, alla sua libertà… Individualità! Ah, quello che si è, che si può e che si ha, sembra povero, grigio, modesto e noioso; ma quello che non si è, non si può e non si ha, è proprio quello che guardiamo con invidia struggente, che diventa amore per paura che diventi odio. Io porto in me il germe, la radice, la possibilità per tutte le attitudini e le attività di questo mondo… Dove potrei essere, se non fossi qui? Chi, che cosa, come potrei essere se non fossi me stesso, se questa mia persona non mi chiudesse, se non separasse la mia conoscenza da tutti coloro che sono me! L’organismo! Cieca, sconsiderata, deplorevole eruzione dell’incalzante volontà! Meglio, per davvero, che questa volontà si liberi nella notte senza spazio e senza tempo, invece di languire in prigione, appena illuminata da una tremula e vacillante fiammella dell’intelletto!”

Thomas Mann
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“Ci chiamano usurpatori, loro, che hanno usurpato ogni speranza per ciascuna generazione a venire, loro che tutto prendono senza nulla chiedere. Noi che abbiamo avuto l’ardire di strappar loro un pezzetto di terra per viverci in pace, loro che la terra la vogliono tutta per farci la guerra. Ci chiamano usurpatori, senza ricordare che i primi usurpatori sono loro, loro che hanno commesso il peccato maggiore, quel peccato che noi cerchiamo di accomodare. Loro hanno strappato la terra alla terra, l’hanno imbrigliata nelle cartine geografiche, stampata sugli stivali e sulle borse, hanno ucciso per mangiare e mangiato per uccidere, senza rispettare nulla che non fosse la loro fame di cibo e di morte. Noi non chiediamo niente, se non di vivere la vita che vogliamo, la vita che lassù non ci permettevano, perché non c’era abbastanza spazio per tutti. Entro il 2015 servivano settantamila dottori, tutti gli altri non servivano a niente. Un tempo, signori, non si era liberi, e si faceva quello che ti dicevano di fare. Adesso si è liberi, così dicono, ma quello che ti dicono lo devi fare lo stesso. Perché se non fai il dottore, allora fai la fame. Se non sei ingegnere, non lavori. Se non t’iscrivi nel ramo dell’industria, uno stipendio poi chi te lo dà. E sbranarsi e sventolare bandiere e strillare come scimmie per un boccone di pensione, quando sei troppo vecchio per gustartela, perché gli anni migliori della tua vita li hai passati a lavorare per loro. Vuoi fare l’insegnante – perché non prendi Farmacia? Vuoi essere archeologo – ma cercati un lavoretto buono. Vuoi scrivere – tanto, se non sei famoso, non ti pubblicano. E soffocare soffocare soffocare le ambizioni perché l’ambizione è peccato e non porta pane, l’ambizione è tempo perso, braccia sottratte alla produzione. E sempre un livore un livore nel petto a fare quel che è giusto fare, ma non quello che si vuol fare. Siamo morti in partenza perché volare basso ci uccide.”

Chiara Pagliochini
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