“Senti, abbiamo delle specie di regole qui". Indicò il cartello sul bancone. NIENTE CAMICIA O NIENTE SCARPE, NIENTE SERVIZIO.Molly abbassò lo sguardo su di sé. «Oh dio, me le sono scordate».«É tutto a posto».«Ho lasciato le scarpe in macchina. Faccio un salto e me le metto».«Sarebbe stupendo,Molly.Grazie».«Nessun problema».«So che sul cartello non c'è scritto, ma già che ci sei, potresti metterti anche un paio di pantaloni? Sarebbe sottinteso».«Certo» disse Molly con disinvoltura davanti al bancone. Uscì dal negozio e sentì che l'aria si era proprio rinfrescata. E già, i suoi jeans e le mutandine erano sul sedile del passeggero, accanto alle scarpe da tennis.”

Christopher Moore

Christopher Moore - “Senti, abbiamo delle specie di...” 1

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“Il sesso e i soldi sono le scarpe che usiamo per camminare sulla vita... L'inganno sta nell'aver trasformato un paio di scarpe nella ragione del viaggio.”

Massimo Gramellini
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“Senza l'aiuto del computer e dell'elettronica la noia era il miglior amico che avevamo e non era così ripetitivo come la sequenza di un videogioco. Bisognava arrangiarsi da sé, visto che non era un problema dei tuoi genitori se passavi un intero pomeriggio in casa a ritagliare bambole di carta o a guardare le gocce di pioggia che rimbalzavano sul vetro. La noia portava consiglio e aguzzava l'ingegno. Con lo sguardo fisso sul nulla io proiettavo sulla finestra che dava sul cortile svariate fantasie futuribili: era un po' come stare al cinema, ma il film era la mia biografia ancora da girare.”

Serena Dandini
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“Senti, i sentimenti non sono gocce di pioggia. Non cadono dal cielo, non sono qualcosa che non si riesce a distinguere da tutto il resto. Abbi fiducia in me, se ci riesci. Li rintraccerò. Qui c'è tutto, e non c'è niente. Troverò quello che cerco.”

Haruki Murakami
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“E io che c'entro?", disse Gabriel, rilanciando il foglio a Kaitlyn. Era sdraiato sul letto a leggere una rivista di automobili - vetture di lusso. "Non è un problema mio". Kaitlyn afferrò il foglio a mezz'aria. Aveva dovuto ricorrere a tutto il suo autocontrollo per entrare in quella stanza. Probabilmente non avrebbe dovuto farlo, ma in quel momento non riusciva ad affrontare Rob da sola, e Anna era al telefono con i suoi familiari dall'ora di cena. Kaitlyn si sforzò di mantenere la calma. "Se c'è qualcosa di vero in quello che sostiene Marisol, allora è un problema di tutti", disse a Gabriel con fermezza. "E tu sei stato l'unico a dire che qui c'era qualcosa che non andava". Il ragazzo si strinse nelle spalle. "E allora?". Kait aveva voglia di urlare. "Tu sei convinto che ci sia qualcosa che non va - ma non t'importa di scoprirlo? Non vuoi fare niente?". Un accenno di sorriso baleno sulle labbra di Gabriel. "Certo che voglio fare qualcosa. Farò quello che so fare meglio". Kaitlyn non voleva dargli soddisfazione, ma non riuscì a nascondere la propria curiosità. Anche se si sentiva ridotta a fare la spalla di un comico, buttò lì la domanda: "E cosa sarebbe?" "Pensare a me stesso", rispose compiaciuto Gabriel. Gli occhi neri scintillarono di maligna soddisfazione.”

L.J. Smith
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“Qui giace Francis TurnerSu Mary, non stare lì impalata, appoggia quei fiori e siediti. [...] Mi hanno assegnato un bel posto, non trovi? [...] Passo le giornate a seguire tutto il viavai che c’è là fuori, non mi pare neanche di essere morto. Dai su, Mary, non fare così. Asciugati, da brava. Tu non potevi saperlo. Nessuno può pensare di uccidere qualcuno con un bacio. Sei stata spontanea e nient’altro. Ti sei sentita di farlo e, così, all’improvviso, dopo che tutte le cose lasciavano credere che non l’avresti mai fatto, mi hai baciato. Non hai usato un coltello, né una pistola. Non avevi una capsula di cianuro nascosta in bocca. Hai semplicemente appoggiato piano le tue labbra sulle mie. Devi smetterla di fartene una colpa. Io non ti avevo detto nulla, forse avrei dovuto ma ho preferito rischiare. Ho passato tutta la vita a controllarmi, con te ho voluto rischiare. Non avevo incontrato niente fino a quel momento che lo meritasse più della signorina Mary Iggins e non mi pento di averlo fatto. Tutta la mia infanzia se n'è andata con me seduto in tribuna che la guardavo sfilare. [...] Capisci, Mary, per tutta la vita, giorno dopo giorno —un giorno dopo l'altro, uno dopo l'altro e dopo l'altro e dopo l'altro e dopo ancora uno e ancora uno e ancora uno...— io sono rimasto a guardare. I miei genitori mi hanno spiegato subito come stavano le cose. Niente palla avvelenata, niente nascondino, niente capanna sull'albero, niente grandi emozioni. Un'esistenza protetta da spettatore, questo mi toccava e io questo ho preso. Fino a che ti ho conosciuta. [...] Voglio dire, sì, fare quella cosa lì mi mancava moltissimo, però mi pareva di immaginare abbastanza bene come sarebbe stato. Il finale almeno, lo conoscevo anche io: un piacere che ti svuota, un crollo di tensione dalle ginocchia alle radici dei capelli. L'inizio invece, il momento del vero inizio, quando le mani sono ancora al loro posto e i vestiti anche, quando le bocche parlano solo come azione diversiva intanto che gli occhi scrutano i pensieri dell'altro, ecco insomma, il momento, l'attimo che precede il primo bacio, lo desideravo come la rivelazione di uno stato superiore di conoscenza, che in fondo spettava anche a me, in quanto essere umano. Dopo il bacio vengono un sacco di altri bei momenti, ma sono —così pensavo— una conseguenza abbastanza automatica del primo esaltante contatto da cui sono scaturiti. Finire a letto dopo che ci si è baciati dev'essere splendido ma non è certo sorprendente, mai almeno quanto l'attimo in cui l'altro, un individuo in tutto e per tutto sconosciuto fino a un secondo prima, accetta di schiudere le labbra mentre ti avvicini. Il bacio, baciare la donna che desideravo, era ciò che più avrebbe messo a rischio la mia vita, ma era anche la scommessa più emozionante. Io l'avevo fatta con te, Mary. E avevo perso. [...] Di nuovo il silenzio della sera prima. E tu che ti avvicini centimetro dopo centimetro, tenendo gli occhi nei miei, sollevando il mento verso un luogo che, contro ogni aspettativa, contro ogni più libera immaginazione, sembrava essere proprio la mia bocca. Che gioia immensa, l'attimo dell'intenzione tradita. Lo stavi facendo, lo stavi proprio facendo. La gente non si era ancora accorta di niente, e neanche tu. Non potevi aver sentito il colpo. Un solo tum. E poi tutto fermo, non un battito, non un rumore, tutto già finito dentro di me, mentre il nostro amore cominciava. No, niente cianuro, ma il sapore delle tue labbra, della tua saliva, è stato un'arma forse ancora più potente. È così, Mary. Piangi pure se vuoi, ma il mio cuore è esploso per colpa tua, il mio cuore è esploso grazie a te. Vedo perfettamente la tua bocca ancora schiusa mentre cado, l'interno lucido, buio, gli occhi di una donna che, senza saperlo, ha appena messo la morte sulle labbra di un uomo. Qui, sulla collinetta di Spoon River, di amori letali ne sentirai raccontare. Ma il nostro, Mary —forse era questo che volevi sentirmi dire— è stato davvero unico.”

Mauro Covacich
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