“È curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che ce l'ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l'occhio all'orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l'anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l'occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo.”
“Magari qualcosa, una moneta che cade, un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno, uno scontrino che scivola via, cambia il destino di una persona. E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto, non farà più le stesse cose che avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato. E la sua vita prende un altro binario. Magari per sempre. Magari per un po' soltanto. Chissà.”
“Non ha senso entrare in contatto così con una persona e poi andare via. Non lo capisco. Lo strano è che io sono un asociale, ma quando entro in contatto con uno sconosciuto – anche se si tratta solo di un sorriso o di un cenno con la mano, che non credo sia considerato un vero contatto ma per me lo è – mi sembra che dopo non possiamo andarcene ognuno per la sua strada come se niente fosse. (...) Immagino la sua vita come una piramide, un iceberg di cui vedo solo la punta, la punta minuscola, ma sotto la superficie la piramide si allarga, si allarga verso il basso e nel passato, sempre più indietro, tutta la vita gli sta sotto, gli sta dentro, le mille cose che gli sono successe, e il risultato è quel momento, quel secondo in cui mi ha sorriso. (…) Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto. Come si fa a saperlo? (…) Andandomene mi sembrava di abbandonarlo, di passar la vita, giorno dopo giorno, a abbandonare la gente.”
“Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.[...] Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove e indizi.”
“Vito c'ha pensato qualche volta al gigante che organizza il mondo. Si è chiesto se è fatto di persone, tante persone una sull'altra. E se lui sarà una di quelle persone minuscole ma decisive. È quello che un ragazzo dovrebbe sperare, partecipare all'organizzazione del mondo. Lui è sempre stato uno studente in fuga, e non solo dalla scuola. Da ogni forma di apprendimento. Abbassa la testa. Si vergogna di queste ambizioni improvvise. Non farà niente di buono, di rimarchevole. È più facile che accada così, che la sua vita passi inosservata.”
“Avete mai provato per qualcuno una di quelle irresistibili simpatie che fanno sì che vedendo una persona per la prima volta, credete di conoscerlo da lungo tempo, e vi domandate dove è quando l'abbiate vista, cosicché, non potendo ricordarvi né il luogo né il tempo finite con il credere che sia stato in un mondo anteriore al nostri, e che questa simpatia sia un ricordo che si risvegli?”