“Il falso cinismo è il vezzo del professionista che mostra d'essere altrove quando chi dipende dal suo intervento è vincolato a una condizione d'immobilità.”
“Se c'è una cosa che mi fa impazzire del cinema, è la terapia del dolore. La rimozione dell'infelicità. La censura della fatica di uscirne. La vita che ricomincia solo quando è tornata sopportabile. Non so che darei per praticare il «sei mesi dopo» nella vita non filmica.Oh, lo so cosa state pensando. Sento già l'obiezione: «Sì, d'accordo, ma anche quel tempo intermedio è vita: se lo salti, è come se morissi nell'intervallo».Sentite questa, allora: «Meglio aggiungere vita ai giorni che giorni alla vita».Bella, eh?E sapete chi l'ha detta?Rita.Levi.Montalcini.Ecco chi.Per cui, al diavolo la retorica dela vita che vale la pena anche quando è sofferenza. Io,se posso, la sofferenza la evito.”
“- Mia nonna, quando il nonno morì, si mise a dormire al suo posto. Diceva che in quel modo non sentiva il vuoto accanto. […] Così, - continua Nicola, - quando di notte si svegliava, guardava il posto vuoto vicino al suo e pensava “Ma vedi, non ci sono”.”
“Certe volte penso, ma lo penso veramente, che bisognerebbe piantarla con questa storia del parlare. Perché tanto non serve a niente. Non è questione di capirsi, fare fatica a ritrovarsi nelle cose; non è questo. È che nessuna conversazione regge l'argomento per più di un paio di battute; è la pertinenza, il problema.”
“È curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che ce l'ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l'occhio all'orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l'anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l'occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo.”
“In ambito pubblico vige il comune senso dell’estetica, vale a dire quel potentissimo inibitore sociale rubricato alla vaga ma inconfondibile voce «Pare Brutto».La caratteristica peculiare del Pare Brutto è che si manifesta all’improvviso sotto forma di dubbio, per cui una cosa (un gesto, un’affermazione, una domanda) anche se non pare ancora brutta ma c’è una minima possibilità che lo diventi, ti fa astenere automaticamente dal farla.É un canone estetico estremamente mobile il Pare Brutto. Non si sa in cosa esattaemtne consista, ma accidenti se funziona. [...]É una specie di censore invisibile, che cerca di preservarti da figure di merda non gravissime.Semplificando, il Pare Brutto, ovvero il comune senso dell’estetica, potrebbe essere definito come il timore di fare o dire qualcosa di cui potresti perntirti. Per opporti alla sua dittatura devi avere stile, e saperlo, Devi, insomma, avere una gran fiducia in te stsso.Ho appena spiegato la ragione per cui non riesco a oppormi alla dittatura del Pare Brutto.”
“Perché la vita è fatta soprattutto di patteggiamenti. Di situazioni in cui – questa è la rivelazione che spiazza – ti scopri capace di una comprensione al ribasso che normalmente non ti spieghi, quando la riconosci negli altri. E capisci alcune cose.”