“Penso che risulterebbe stancante essere legati per l'eternità al culmine dei momenti più ispirati dei massimi scrittori. Altitudini come quelle sarebbero inadatte a insetti come me. Su questi libri elevati me ne starei aggrappata alla bell'e meglio, con la testa e le ali penzolanti. E forse che anche l'anima non ha voglia, di tanto in tanto, di mettersi in vestaglia?”

Elizabeth von Arnim

Elizabeth von Arnim - “Penso che risulterebbe stancante...” 1

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“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”

Lev Tolstoj
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“Lei è sempre stata più sicura di me, pensava, e in quel momento vide distintamente le cause della sua sconfitta, la figuraccia che faceva spettinato e con la barba lunga, le pantofole scalcagnate, le pieghe dei pantaloni del pigiama che sembravano frange avvizzite, la vestaglia mezza su mezza giù, ci sono decisioni nella vita che, per prenderle, è consigliabile esser vestiti come per uscire, con la cravatta e le scarpe lucide, questo significa essere un signore, esclamare in tono offeso, Se la mia presenza la disturba, signora, non ho bisogno che me lo dica, e all’istante si imbocca la porta, senza guardarsi indietro, guardarsi indietro è un rischio tremendo, ci si può anche trasformare in una statua di sale e restare lì alla mercé della prima pioggia.”

José Saramago
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“Lo constatò con la compassione dei figli che la vita ha trasformato a poco a poco in padri dei loro padri, e per la prima volta si dispiacque di non essere stato insieme al suo nella solitudine dei suoi errori.”

Gabriel Garcia Marquez
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“Pensavo di aver superato quelle cose. Pensavo di essere orgogliosa di me stessa. Ma quelle donne, per la maggior parte del tutto sconosciute, erano riuscite a farmi sentire di nuovo l'insicura perdente che mi sentivo al liceo. Improvvisamente mi sentivo un'intrusa al tavolo delle ragazze più popolari della scuola. Perchè mi importava così tanto di quello che dicevano gli altri, di quello che pensavano gli altri? Perchè la mia autostima dipendeva così tanto dall'opinione di persone che nemmeno conoscevo? (…) Come poteva qualcuno che non conoscevo nemmeno, o qualcuno che non vedevo da dieci anni, avere così tanto potere su di me?”

Melissa Senate
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“Se ora penso agli anni di allora, mi colpisce quanto poco ci fosse in realtà da vedere, quante poche immagini illustrassero la vita e la morte nei Lager. Conoscevamo di Auschwitz il portale con la sua scritta, i pancacci di legno a più piani, i mucchi di capelli, occhiali e valigie; di Birkenau l'entrata con la torre, i corpi laterali e il passaggio per i treni; e da Bergen-Belsen ci venivano le montagne di cadaveri trovate e fotografate dagli alleati al momento della liberazione. Conoscevamo alcune testimonianze di detenuti, ma molti libri apparvero subito dopo la guerra e vennero ristampati solo negli anni Ottanta, visto che nel frattempo non rientrarono nei programmi delle case editrici. Ora ci sono così tanti libri e film che il mondo dei Lager è ormai parte dell'immaginario collettivo che completa il mondo reale. La fantasia lo conosce ormai bene, e a partire dalla serie televisiva Olocausto e da film come La scelta di Sophie e soprattutto Schindler's list si muove anche in quel mondo. E non ne prende solo atto, ma integra e abbellisce. Allora la fantasia stentava a muoversi; riteneva che allo sgomento di cui era debitrice al mondo dei Lager non si confacessero le movenze della fantasia. Quelle poche immagini che doveva alle foto degli alleati e alle testimonianze dei detenuti, le ha poi guardate riguardate, fino a farne dei cliché.”

Bernhard Schlink
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