“Un racconto era diretto e semplice, non ammetteva alcuna intrusione tra lei e il lettore - nessun intermediario con le proprie personali ambizioni e incompetenze, nessuna urgenza di tempo, nessun limite alle risorse disponibili. In un racconto bastava desiderare, e poi mettere per iscritto il desiderio, e potevi crearti un mondo; in un dramma invece ti toccava fare con quello che avevi a disposizione: niente cavalli, niente strade di un villaggio, niente mare. Niente sipario. Sembrava talmente ovvio, adeso che era troppo tardi: il racconto era una sorta di telepatia. Attraverso la trascrizione di segni sulla pagina, lei era in grado di trasferire pensieri e sentimenti dalla sua mente a quella del lettore. Era un processo magico, tanto comune che nessuno si soffermava a rifletterci. Leggere una frase coincideva con il comprenderla; come nel caso del gesto di piegare un dito, tra il prima e il dopo non c'era nulla. Non esisteva intervallo che precedesse la comprensione dei segni. Vedevi la parola castello ed eccolo là, in lontananza, circondato da frondosi boschi estivi, immerso nell'aria dolce e azzurrina tagliata dal filo di fumo che sale dalla bottega del fabbro, con una strada di ciottoli che sparisce serpeggiando nell'ombra verde.”

Ian McEwan

Ian McEwan - “Un racconto era diretto e semplice, non...” 1

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“Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare. Potrebbe essere la perfezione immagine per occhi divini mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità - verità - ma ancora una volta è il salvifico granello dell'uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un'inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L'uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela.”

Alessandro Baricco
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“...devo dire che c’è una tradizione a Mårbacka, che quando si va a dormire la Vigilia di Natale si ha il permesso di avvicinare un tavolino al letto, metterci sopra una candela e poi leggere finché si vuole. Questa è la più grande di tutte le gioie di Natale. Non c’è niente di più bello che starsene lì sdraiati con un bel libro avuto in regalo, un libro nuovo che non si è ancora mai visto e che nessun altro in casa conosce, e sapere che si può leggere pagina dopo pagina finché si riesce a stare svegli.”

Selma Lagerlöf
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“Non ho mai desiderato vestiti, scarpe perfette né beni di lusso. Non ho mai desiderato di ricoprirmi di seta. L’unica cosa che desideravo era di poter toccare un altro essere umano con le mani, e soprattutto con il cuore. Conosco il mondo e la sua scarsa compassione, il suo giudizio severo e spiacevole, il suo sguardo algido e risentito. Ci sono cresciuta in mezzo. Ho avuto tutto il tempo che volevo per ascoltare. Per guardare. Per studiare le persone, i luoghi e le alternative. Non dovevo far altro che aprire gli occhi. Non dovevo far altro che aprire un libro e vedere le storie che sanguinavano una pagina dopo l’altra. Vedere i ricordi impressi sulla carta. Ho trascorso un’esistenza intera fra le pagine dei libri. In mancanza di relazioni umane, ho stretto legami con personaggi di carta. Ho sperimentato l’amore e la perdita per mezzo di storie ambientate nel passato; ho vissuto l’adolescenza di riflesso. Il mio mondo è una ragnatela intricata di parole che connettono arto con arto, osso con tendine, pensieri con immagini. Sono una creatura fatta di lettere, un personaggio disegnato da frasi, il prodotto di una fantasia scaturita dalla narrativa. Vogliono cancellare ogni segno d’interpunzione dalla mia vita, e non credo di poterglielo lasciar fare.”

Tahereh Mafi
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“C'era come un odore di Tempo, Nell'aria della notte. Tomàs sorrise all'idea, continuando a rimuginarla. Era una strana idea. E che odore aveva il Tempo, poi? Odorava di polvere, di orologi e di gente. E che suono aveva il Tempo? Faceva un rumore di acque correnti nei recessi bui d'una grotta, di voci querule, di terra che risuonava con un tonfo cavo sui coperchi delle casse, e battere di pioggia. E, per arrivare alle estreme conseguenze: che aspetto aveva il Tempo? Era come neve che cade senza rumore in una camera buia, o come un film muto in un'antica sala cinematografica, cento miliardi di facce cadenti come palloncini di capodanno, giù, sempre più giù, nel nulla. Così il tempo odorava, questo era il rumore che faceva, era così che appariva. E quella notte – Tomàs immerse una mano nel vento fuori della vettura – quella notte tu quasi lo potevi toccare, il Tempo.(Cronache Marziane, trad. Giorgio Monicelli)”

Ray Bradbury
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“(…), il giorno in cui mi aveva promesso il Plaza se avessi trovato l'uomo giusto. Quel ricordo mi colmò di gioia invece di farmi piangere. Non avevo trovato l'uomo giusto, ma per la prima volta mi rendevo conto che il messaggio di mio padre non aveva niente a che fare con quello. Lui voleva semplicemente dirmi che avrei trovato la felicità e la serenità e quello che era meglio per me, ma solo dopo aver cercato con impegno e fatica. (…) E poi, aveva voluto dirmi di non avere paura, di non smettere di cercare.”

Melissa Senate
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