“Ma perché a noi tocca sempre soffrire? Alla gente come noi, alla gente comune, ai piccoli borghesi? Quando arriva una guerra, o il franco è in ribasso, o ci sono disoccupazione, crisi e rivoluzioni, gli altri se la cavano sempre. E siamo noi a pagare! Perché? Che cosa abbiamo fatto? Paghiamo per gli errori di tutti. Certo, di noi nessuno ha paura!”

Irene Nemirovsky

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“Tutto era meglio della musica, perché solo la musica abolisce le differenze di lingua o di abitudini fra due esseri e tocca fibre sensibilissime.”


“Come sempre all’indomani di ogni catastrofe, ci sarebbero stati nuovi ricchi, uomini pronti a comprare il piacere pagandolo a caro prezzo, perché il loro era denaro facile, ottenuto senza fatica, e l’amore sarebbe stato sempre lo stesso.”


“Dopo tutto, si giudicano gli altri solo in base al proprio cuore: l’avaro vede sempre la gente spinta dall’interesse, il lussurioso dall’ossessione del desiderio.”


“Mi guardo bene dal tenermi in gola le parole: ho passato gran parte della mia vita a non dire le cose che volevo dire, e me ne sono pentito. La nostra natura ci impone di mandare messaggi subliminali, comunicare con i gesti, perché abbiamo paura di esporci per come siamo. Anche a noi stessi. Quando tutto sarà finito sono sicuro che mi verrà concesso un minuto per ripensare a tutte le volte che volevo urlare cosa sentivo, ma sono stato zitto per paura di non essere capito, e rimpiangerò gli obbiettivi che ho abbandonato perché il timore di fallire mi ha impedito di perseguirli. Questa vita è una puttana e probabilmente mi spezzerà il cuore, ma cazzo, sono innamorato. Va così, rhum e pera, perché ci sono dei momenti forti che ti lasciano l’amaro in bocca, e altri talmente belli da farti dimenticare quel retrogusto sgradevole che ha la vita”


“(Non è divertente?)Quando eravamo ragazzi distesi sull’erba a pancia in giù parlavamo spesso di come ci sarebbe piaciuto morire. Ed eravamo tutti d’accordo su una cosa: ci sarebbe piaciuto morir scopando(E nessuno di noi aveva mai scopato fino allora). Ora che non siamo più bambini pensiamo di più a come non morire. E anche se siamo pronti molti di noi preferirebbero farlo da soli sotto le lenzuola. Ora che la maggior parte di noi ha fottuto via la propria vita.”


“Avevo già passato i trent'anni e avrei dovuto imparare qualche cosa da quello che mi era successo. Ma solo tardi imparai che non s'impara quasi mai niente. Noi rimaniamo sempre gli stessi. Le esperienze della vita, gli insegnamenti delle persone più sagge, ci impolverano un poco, come quando camminiamo per una vecchia strada di campagna, ma basta soffiare su quel po' di polvere perché noi ritorniamo tali e quali come eravamo prima di ogni insegnamento. Così continuai a commettere gli stessi errori. Per fortuna, lavorando quattordici, sedici ore al giorno, scrivendo quattro, cinque romanzi e centinaia di racconti all'anno, avevo poco tempo per commettere errori. Ma ne commettevo sempre. [dalla Prefazione: Io, Vladimir Scerbanenco]”