“Possiamo ridurre le spese? Ritieni che ci sia qualche cosa di cui si possa fare a meno?". E, a onor del vero, Elizabeth, con l'ardore improvviso delle donne, si era messa seriamente a pensare a cosa sarebbe stato possibile fare, ed aveva suggerito di tagliare qualche inutile oblazione benefica e di evitare l'acquisto di nuovi arredi per il salotto. Successivamente, a queste due proposte, aveva aggiunto la felice trovata di non comprare il regalo che tutti gli anni portavano ad Anne tornando da Londra.”

Jane Austen

Jane Austen - “Possiamo ridurre le spese? Ritieni che ci...” 1

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“E io che c'entro?", disse Gabriel, rilanciando il foglio a Kaitlyn. Era sdraiato sul letto a leggere una rivista di automobili - vetture di lusso. "Non è un problema mio". Kaitlyn afferrò il foglio a mezz'aria. Aveva dovuto ricorrere a tutto il suo autocontrollo per entrare in quella stanza. Probabilmente non avrebbe dovuto farlo, ma in quel momento non riusciva ad affrontare Rob da sola, e Anna era al telefono con i suoi familiari dall'ora di cena. Kaitlyn si sforzò di mantenere la calma. "Se c'è qualcosa di vero in quello che sostiene Marisol, allora è un problema di tutti", disse a Gabriel con fermezza. "E tu sei stato l'unico a dire che qui c'era qualcosa che non andava". Il ragazzo si strinse nelle spalle. "E allora?". Kait aveva voglia di urlare. "Tu sei convinto che ci sia qualcosa che non va - ma non t'importa di scoprirlo? Non vuoi fare niente?". Un accenno di sorriso baleno sulle labbra di Gabriel. "Certo che voglio fare qualcosa. Farò quello che so fare meglio". Kaitlyn non voleva dargli soddisfazione, ma non riuscì a nascondere la propria curiosità. Anche se si sentiva ridotta a fare la spalla di un comico, buttò lì la domanda: "E cosa sarebbe?" "Pensare a me stesso", rispose compiaciuto Gabriel. Gli occhi neri scintillarono di maligna soddisfazione.”

L.J. Smith
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“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”

Lev Tolstoj
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“Non era stato coraggioso, restando lì fermo a farsi pungere - disse Coraline al gatto. - Non era stato coraggioso perché non aveva avuto paura: quella era l'unica cosa che potesse fare. Ma quando era tornato a riprendersi gli occhiali, sapendo che lì c'erano le vespe, aveva avuto veramente paura. Quello era stato vero coraggio. - Mosse il primo passo lungo il corridoio. Sentiva odore di chiuso, di polvere e di umidità. Il gatto avanzata lentamente accanto a lei. - E perché mai? - le domandò il gatto, con un tono che rivelava scarso interesse. - Perché - disse Coraline - quando hai paura di qualcosa, ma la fai comunque, quello è coraggio.”

Neil Gaiman
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“Se lui avesse potuto dire il suo nome ancora una volta, a voce così bassa da poterla sentire invece che ascoltarla.Se lo avesse fatto, così piano da non permettere alla veglia di ricordarle perché quel suono non poteva più renderla felice.Se solo non avesse mai smesso di piovere.Eloise, sei sveglia?Sì, e non voglio.Sotto la mano il cuscino era fresco e morbido, negli spazi tra le sue dita se ne insinuavano altre, calde e dure perché abituate a riempire di lusinghe l'elsa di una spada, non solo la pelle di una donna. Prendeva la sua una mano fatta per accarezzare e per uccidere.Una mano che l'aveva accarezzata, e poi uccisa.«Axel».Forse c'era stato uno scatto di esultanza profonda, perché ridestandosi aveva pronunciato per prima cosa il suo nome.Qualcosa che aveva a che fare col possesso e il riconoscimento.Qualcosa di così profondo che, se non si fosse opposta, avrebbe finito per precipitarvi dentro.Qualcosa che tra loro due era sempre esistito.L'aveva accarezzata.A quanto le avevano raccontato, lui era stata la prima cosa del mondo su cui aveva aperto gli occhi. Un fagottino di neonata, avvolta tra le braccia di un bambinetto di tre anni appena, che sollevava di colpo le palpebre incontrando per la prima volta due occhi blu pieni di amore e trionfo fissi su di lei.E poi uccisa.Una cicatrice che si risvegliava pulsando, lo spettro di dolore di un arto amputato, che esisteva solo nel ricordo dei nervi e bruciava, bruciava come fuoco.Lui era sete, tanta da accettare di annegare pur di riuscire a bere.«Axel».«Sono qui».”

Virginia De Winter
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“(…), il giorno in cui mi aveva promesso il Plaza se avessi trovato l'uomo giusto. Quel ricordo mi colmò di gioia invece di farmi piangere. Non avevo trovato l'uomo giusto, ma per la prima volta mi rendevo conto che il messaggio di mio padre non aveva niente a che fare con quello. Lui voleva semplicemente dirmi che avrei trovato la felicità e la serenità e quello che era meglio per me, ma solo dopo aver cercato con impegno e fatica. (…) E poi, aveva voluto dirmi di non avere paura, di non smettere di cercare.”

Melissa Senate
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