“Lei è sempre stata più sicura di me, pensava, e in quel momento vide distintamente le cause della sua sconfitta, la figuraccia che faceva spettinato e con la barba lunga, le pantofole scalcagnate, le pieghe dei pantaloni del pigiama che sembravano frange avvizzite, la vestaglia mezza su mezza giù, ci sono decisioni nella vita che, per prenderle, è consigliabile esser vestiti come per uscire, con la cravatta e le scarpe lucide, questo significa essere un signore, esclamare in tono offeso, Se la mia presenza la disturba, signora, non ho bisogno che me lo dica, e all’istante si imbocca la porta, senza guardarsi indietro, guardarsi indietro è un rischio tremendo, ci si può anche trasformare in una statua di sale e restare lì alla mercé della prima pioggia.”
“Attraverso le inferriate della sua individualità, l’uomo fissa senza speranza le mura di cinta delle circostanze esteriori, finché arriva la morte e lo richiama a casa, alla sua libertà… Individualità! Ah, quello che si è, che si può e che si ha, sembra povero, grigio, modesto e noioso; ma quello che non si è, non si può e non si ha, è proprio quello che guardiamo con invidia struggente, che diventa amore per paura che diventi odio. Io porto in me il germe, la radice, la possibilità per tutte le attitudini e le attività di questo mondo… Dove potrei essere, se non fossi qui? Chi, che cosa, come potrei essere se non fossi me stesso, se questa mia persona non mi chiudesse, se non separasse la mia conoscenza da tutti coloro che sono me! L’organismo! Cieca, sconsiderata, deplorevole eruzione dell’incalzante volontà! Meglio, per davvero, che questa volontà si liberi nella notte senza spazio e senza tempo, invece di languire in prigione, appena illuminata da una tremula e vacillante fiammella dell’intelletto!”
“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”
“In effetti, [dio] sarebbe riapparso solo molto più tardi, in una data di cui non è rimasta traccia, per scacciare la sventurata coppia dal giardino dell’eden per il nefando crimine di aver mangiato del frutto dell’albero del bene e del male. Questo episodio, che diede origine alla prima definizione di un peccato originale fino ad allora ignorato, non è mai stato ben spiegato. In primo luogo, persino l’intelligenza più rudimentale non avrebbe alcuna difficoltà a comprendere che essere informato sarà sempre preferibile a ignorare, soprattutto in materie tanto delicate come lo sono queste del bene e del male, nelle quali chiunque si mette a rischio, senza saperlo, di una condanna eterna a un inferno che allora era ancora da inventare. In secondo luogo, grida vendetta l’imprevidenza del signore che, se realmente non voleva che mangiassero di quel suo frutto, avrebbe avuto un rimedio facile, sarebbe bastato non piantare l’albero, o andare a metterlo altrove, o circondarlo da un recinto di fildiferro spinato. E, in terzo luogo, non fu per aver disobbedito all’ordine di dio che adamo ed eva scoprirono di essere nudi. Nudi e crudi, con tutto quanto all’aria, c’erano già quando andavano a letto, e se il signore non aveva mai notato una mancanza di pudore così evidente, la colpa era della sua cecità di progenitore, proprio quella che, a quanto pare inguaribile, ci impedisce di vedere che i nostri figli sono, in fin dei conti, tanto buoni o tanto cattivi quanto gli altri.”
“Non ha senso entrare in contatto così con una persona e poi andare via. Non lo capisco. Lo strano è che io sono un asociale, ma quando entro in contatto con uno sconosciuto – anche se si tratta solo di un sorriso o di un cenno con la mano, che non credo sia considerato un vero contatto ma per me lo è – mi sembra che dopo non possiamo andarcene ognuno per la sua strada come se niente fosse. (...) Immagino la sua vita come una piramide, un iceberg di cui vedo solo la punta, la punta minuscola, ma sotto la superficie la piramide si allarga, si allarga verso il basso e nel passato, sempre più indietro, tutta la vita gli sta sotto, gli sta dentro, le mille cose che gli sono successe, e il risultato è quel momento, quel secondo in cui mi ha sorriso. (…) Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto. Come si fa a saperlo? (…) Andandomene mi sembrava di abbandonarlo, di passar la vita, giorno dopo giorno, a abbandonare la gente.”
“Al ritorno, casualmente, si trattennero per qualche istante lungo la strada dove abramo aveva parlato con il signore, e lì caino disse, Ho un pensiero che non mi abbandona, Che pensiero, domandò abramo, Penso che a sodoma e nelle altre città che sono state incendiate c'erano degli innocenti, Se ci fossero stati, il signore avrebbe rispettato la promessa che mi ha fatto di risparmiargli la vita, I bambini, disse caino, quei bambini erano innocenti, Mio dio, mormorò abramo, e la sua voce fu come un gemito, Sì, sarà pure il tuo dio, ma non è stato il loro.”
“Mia madre diceva sempre che è per questo che siamo stati dotati della memoria. E del suo opposto: la speranza. Così le cose che non ci sono più continuano a essere importanti. così possiamo sbarazzarci del passato e costruire il futuro.”