“Quando avrò una laurea in matematica, o in fisica, o in matematica e fisica, troverò un lavoro e guadagnerò un sacco di soldi e sarò in grado di pagare qualcuno che si occupi di me e cucini per me e mi lavi i vestiti, oppure troverò una donna che mi sposi e si prenda cura di me, che mi faccia un po’ di compagnia per non rimanere da solo.”

Mark Haddon

Mark Haddon - “Quando avrò una laurea in matematica, o...” 1

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“È il petto di un'altra persona a spalleggiarci, ci sentiamo realmente spalleggiati solo quando abbiamo qualcuno dietro, lo dice la parola stessa, alle nostre spalle, come in inglese, to back, qualcuno che magari non vediamo e che ci copre le spalle col petto che è sul punto di sfiorarci e che alla fine sempre ci sfiora, e a volte, addirittura, questo qualcuno ci mette una mano sulla spalla con la quale ci tranquillizza e al tempo stesso ci sottomette. In questo modo dormono o credono di dormire gran parte delle coppie, dopo la buonanotte i due si girano dallo stesso lato, di modo che uno dà le spalle all'altro per tutto il tempo e si sente spalleggiato da lui o da lei, e quando nel pieno della notte si sveglia di soprassalto per un incubo o non riesce a prender sonno, soffre per la febbre o si crede solo e abbandonato al buio, non deve far altro che voltarsi e vedere, di fronte a sé, il volto di colui che lo protegge, che si lascerà baciare quel che si può baciare in un volto (naso, occhi e bocca; mento, fronte e guance, tutto il volto) o che magari, mezzo addormentato, gli metterà una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, o per sottometterlo, o forse per aggrapparsi. (da Un cuore così bianco, pag. 72)”

Javier Marías
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“Raccontare è quasi sempre un regalo, compreso quando porta e inietta veleno il racconto è anche un vincolo e un concedere fiducia e rara è la fiducia che prima o poi non si tradisca, raro il vincolo che non si aggrovigli o non si annodi, e perciò finisca per stringere e si debba tirare di coltello e di lama per reciderlo.”

Javier Marías
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“Dice: «Ho bisogno di te, Pat Peoples; ho un bisogno maledetto di te»,poi si mette a piangere e le sue lacrime mi scendono calde sulla pelle mentre mi bacia il collodolcemente, tirando su col naso.È strano che mi dica una cosa simile, così lontana dal solito «ti amo» delle donne, eppureforse più vera. Provo una bella sensazione mentre la abbraccio, e ricordo ciò che mi ha dettomia madre tempo fa, quando cercavo di liberarmi di Tiffany invitandola alla tavola calda. «Tu haibisogno di amici, Pat. Tutti ne hanno bisogno».E poi ricordo che Tiffany mi ha mentito per molte settimane; ricordo quella storia tremendache mi ha raccontato Ronnie su come è stata licenziata, e ciò che mi ha confessato lei nella suaultima lettera; ricordo quanto è stata stramba la nostra amicizia, ma poi ricordo che nessuno, aparte lei, potrebbe mai avvicinarsi a capire cosa provo ad aver perso Nikki per sempre. Ricordoche il periodo di lontananza è finalmente finito e che, se Nikki se n’è andata definitivamente, hopur sempre fra le braccia una donna che ha sofferto molto, e ha un bisogno disperato di sentirsidi nuovo bella. Fra le mie braccia c’è una donna che mi ha regalato l’Atlante delle nuvole perl’osservazione del cielo, una donna che conosce tutti i miei segreti, una donna che sa quanto èincasinata la mia mente, quante pillole devo prendere, e tuttavia si lascia abbracciare da me. Intutto questo c’è qualcosa di onesto, e non riesco a immaginarmi nessun’altra donna coricatainsieme a me nel bel mezzo di un campo da calcio congelato – in piena tormenta, addirittura – asperare che accada l’impossibile: che una nuvola si liberi da un nembostrato.Nikki questo non l’avrebbe mai fatto, per me, neppure nei suoi giorni migliori.Perciò stringo un po’ di più Tiffany, la bacio fra le sopracciglia perfettamente depilate e dopoun profondo respiro dico: «Credo di aver bisogno anch’io di te».”

Matthew Quick
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“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”

Lev Tolstoj
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“Di solito non parlo con gli sconosciuti. Non mi piace parlare con chi non conosco. E non per via della famosa frasa Non Dare Confidenza Agli Sconosciuti che ci ripetono continuamente a scuola, che tradotto vuol dire non accettare caramelle o un passaggio da uno sconosciuto perché vuole fare sesso con te. Non è questo che mi preoccupa. Se un estraneo mi toccassse lo colpirei immediatamente, e io so colpire molto forte. Come per esempio quella volta che ho preso a pugni Sarah perché mi aveva tirato i capelli e l’ho fatta svenire e le è venuta una commozione cerebrale e avevano dovuto portarla al pronto soccorso. E poi ho sempre con me il mio coltellino svizzero che ha una lama a seghetto in grado di tranciare le dita a un uomo.Non mi piacciono gli estranei perché non mi piacciono le persone che non conosco. Sono difficili da capire. È come essere in Francia, dove andavamo qualche volta in campeggio quando mio madre era ancora viva. E io odiavo la Francia perché se entravo in un negozio o in un ristorante o andavo in spiaggia non capivo quel che dicevano, e la cosa mi terrorizzava.Ci metto un sacco di tempo per abituarmi alle persone che non conosco. Per esempio, quando c’è una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali e qual è il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.”

Mark Haddon
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