“Il crimine non era l’unica opzione per Vision. Esistevano altre possibilità da prendere in esame. Si sarebbe potuto rivolgere ad amici e famiglia. Ma era stanco, si sentiva abbandonato e [Jeffrey] Normington era convincente. Un’altra svolta, un altro errore.Max Vision, un bravo ragazzo sotto tutti i punti di vista, si ritrovò di nuovo in fondo al baratro. Al suo posto emerse Iceman, un cattivo ragazzo sotto tutti punti di vista, anche se con un alter ego, Vision, che aveva precedenti come collaboratore dei federali.”

Misha Glenny

Misha Glenny - “Il crimine non era l’unica opzione per...” 1

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“L’autobus correva lungo una striscia di cemento molto stretta a pelo dell’acqua senza parapetto, niente; tutto lì. L’autista si appoggiava allo schienale e passava rombando su quella stretta striscia di cemento circondata dall’acqua e tutti i passeggeri dell’autobus, venticinque o quaranta o cinquantadue persone si fidavano di lui, ma io no. Ogni tanto c’era un nuovo autista e io pensavo, come li scelgono, questi figli di puttana? L’acqua è profonda su tutt’e due i lati e basta un piccolo errore per andare tutti al creatore. Era ridicolo. Mettiamo che quella mattina avesse litigato con la moglie. O che avesse il cancro. O che vedesse la Madonna. O che avesse i denti cariati. Qualunque cosa. Bastava un niente. Avrebbe potuto impazzire. Buttarci tutti di sotto. Sapevo che se ci fossi stato io, al suo posto, avrei preso in considerazione la possibilità di trascinare tutti in acqua. Mi sarebbe piaciuto. e qualche volta, dopo considerazioni del genere, la possibilità diventa realtà. Per ogni Giovanna d’Arco c’è un Hitler appollaiato dall’altra estremità dell’altalena. La vecchia storia del bene e del male. Ma nessuno di quegli autisti ci buttò mai di sotto. Pensavano soltanto alle rate della macchina, alla partita di baseball, al taglio dei capelli, alle ferie, ai clisteri, alle domeniche in famiglia. In quel branco di merdosi non c’era nemmeno un vero uomo. Arrivavo sempre al lavoro con la nausea ma sano e salvo. Il che dimostra che Schumann era più relativo di Shostakovich…”

Charles Bukowski
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“E io che c'entro?", disse Gabriel, rilanciando il foglio a Kaitlyn. Era sdraiato sul letto a leggere una rivista di automobili - vetture di lusso. "Non è un problema mio". Kaitlyn afferrò il foglio a mezz'aria. Aveva dovuto ricorrere a tutto il suo autocontrollo per entrare in quella stanza. Probabilmente non avrebbe dovuto farlo, ma in quel momento non riusciva ad affrontare Rob da sola, e Anna era al telefono con i suoi familiari dall'ora di cena. Kaitlyn si sforzò di mantenere la calma. "Se c'è qualcosa di vero in quello che sostiene Marisol, allora è un problema di tutti", disse a Gabriel con fermezza. "E tu sei stato l'unico a dire che qui c'era qualcosa che non andava". Il ragazzo si strinse nelle spalle. "E allora?". Kait aveva voglia di urlare. "Tu sei convinto che ci sia qualcosa che non va - ma non t'importa di scoprirlo? Non vuoi fare niente?". Un accenno di sorriso baleno sulle labbra di Gabriel. "Certo che voglio fare qualcosa. Farò quello che so fare meglio". Kaitlyn non voleva dargli soddisfazione, ma non riuscì a nascondere la propria curiosità. Anche se si sentiva ridotta a fare la spalla di un comico, buttò lì la domanda: "E cosa sarebbe?" "Pensare a me stesso", rispose compiaciuto Gabriel. Gli occhi neri scintillarono di maligna soddisfazione.”

L.J. Smith
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“Vedendolo così, vestito per lei in un modo così manifesto, non poté impedire il rossore di fuoco che le montò al viso. Si offuscò quando lo salutò, e lui si offuscò di più con il suo offuscamento. La coscienza di comportarsi come fidanzati li offuscò ancora di più, e la coscienza che tutti e due fossero offuscati finì per offuscarli fino al punto che il capitano Samaritano se ne accorse con un tremolio di compassione.”

Gabriel Garcia Marquez
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“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.”

Patrick Suskind
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“Il diametro della bomba era di trenta centimetri e il diametro del suo raggio d'azione era di circa sette metri, con quattro morti e undici feriti... E non parliamo nemmeno del pianto degli orfani che si leva fino al trono di Dio e ben oltre, creando un creando un cerchio senza fine e senza Dio.”

Yehuda Amichai
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