“Senza l'aiuto del computer e dell'elettronica la noia era il miglior amico che avevamo e non era così ripetitivo come la sequenza di un videogioco. Bisognava arrangiarsi da sé, visto che non era un problema dei tuoi genitori se passavi un intero pomeriggio in casa a ritagliare bambole di carta o a guardare le gocce di pioggia che rimbalzavano sul vetro. La noia portava consiglio e aguzzava l'ingegno. Con lo sguardo fisso sul nulla io proiettavo sulla finestra che dava sul cortile svariate fantasie futuribili: era un po' come stare al cinema, ma il film era la mia biografia ancora da girare.”

Serena Dandini

Serena Dandini - “Senza l'aiuto del computer e...” 1

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“Ma il coraggio era anche quello. Era la consapevolezza che l'insuccesso fosse comunque il frutto di un tentativo. Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai.”

Giorgio Faletti
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“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.”

Patrick Suskind
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“Un racconto era diretto e semplice, non ammetteva alcuna intrusione tra lei e il lettore - nessun intermediario con le proprie personali ambizioni e incompetenze, nessuna urgenza di tempo, nessun limite alle risorse disponibili. In un racconto bastava desiderare, e poi mettere per iscritto il desiderio, e potevi crearti un mondo; in un dramma invece ti toccava fare con quello che avevi a disposizione: niente cavalli, niente strade di un villaggio, niente mare. Niente sipario. Sembrava talmente ovvio, adeso che era troppo tardi: il racconto era una sorta di telepatia. Attraverso la trascrizione di segni sulla pagina, lei era in grado di trasferire pensieri e sentimenti dalla sua mente a quella del lettore. Era un processo magico, tanto comune che nessuno si soffermava a rifletterci. Leggere una frase coincideva con il comprenderla; come nel caso del gesto di piegare un dito, tra il prima e il dopo non c'era nulla. Non esisteva intervallo che precedesse la comprensione dei segni. Vedevi la parola castello ed eccolo là, in lontananza, circondato da frondosi boschi estivi, immerso nell'aria dolce e azzurrina tagliata dal filo di fumo che sale dalla bottega del fabbro, con una strada di ciottoli che sparisce serpeggiando nell'ombra verde.”

Ian McEwan
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“Una sera ho visto il cartone animato di "Alice Nel Paese Delle Meraviglie". A un certo punto del film lei diventava grande e la testa usciva dal tetto della casa e le braccia dalle finestre. Di fronte a quella scena, ho preso coscienza che era ciò che stavo provando io. La mia casa era diventata troppo piccola per me, sentivo che non ci stavo più dentro. Dovevo andarmene, seguire anch'io il Bianconiglio.”

Fabio Volo
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“La cosa orribi­le dei Due Minuti d'Odio era che nessuno veniva obbligato a recitare. Evitare di farsi coinvolgere era infatti impossibile. Un'estasi orrenda, indotta da un misto di paura e di sordo rancore, un desiderio di uccidere, di torturare, di spaccare facce a martellate, sembrava attraversare come una corrente elettrica tutte le persone lì raccolte, trasformando il singolo individuo, anche contro la sua volontà, in un folle urlante, il volto alterato da smorfie. E tuttavia, la rabbia che ognuno provava costituiva un'emozione astratta, indiretta, che era possibile spostare da un oggetto all'altro come una fiamma ossidrica.”

George Orwell
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