“Mi chiedo se Averroè, Kant, Socrate, Newton, Voltaire avrebbero mai creduto che nel Ventesimo secolo la piaga delle città, l'avvelenatore dei polmoni, l'omicida di massa, l'oggetto di culto sarebbe diventato un carrello di lamiera con le ruote e che le persone avrebbero preferito morire schiantate al suo interno durante gli esodi di massa per i fine settimana, anzichè restarsene tranquillamente a casa.”
“Non ho mai desiderato vestiti, scarpe perfette né beni di lusso. Non ho mai desiderato di ricoprirmi di seta. L’unica cosa che desideravo era di poter toccare un altro essere umano con le mani, e soprattutto con il cuore. Conosco il mondo e la sua scarsa compassione, il suo giudizio severo e spiacevole, il suo sguardo algido e risentito. Ci sono cresciuta in mezzo. Ho avuto tutto il tempo che volevo per ascoltare. Per guardare. Per studiare le persone, i luoghi e le alternative. Non dovevo far altro che aprire gli occhi. Non dovevo far altro che aprire un libro e vedere le storie che sanguinavano una pagina dopo l’altra. Vedere i ricordi impressi sulla carta. Ho trascorso un’esistenza intera fra le pagine dei libri. In mancanza di relazioni umane, ho stretto legami con personaggi di carta. Ho sperimentato l’amore e la perdita per mezzo di storie ambientate nel passato; ho vissuto l’adolescenza di riflesso. Il mio mondo è una ragnatela intricata di parole che connettono arto con arto, osso con tendine, pensieri con immagini. Sono una creatura fatta di lettere, un personaggio disegnato da frasi, il prodotto di una fantasia scaturita dalla narrativa. Vogliono cancellare ogni segno d’interpunzione dalla mia vita, e non credo di poterglielo lasciar fare.”
“Vedendolo così, vestito per lei in un modo così manifesto, non poté impedire il rossore di fuoco che le montò al viso. Si offuscò quando lo salutò, e lui si offuscò di più con il suo offuscamento. La coscienza di comportarsi come fidanzati li offuscò ancora di più, e la coscienza che tutti e due fossero offuscati finì per offuscarli fino al punto che il capitano Samaritano se ne accorse con un tremolio di compassione.”
“Di solito non parlo con gli sconosciuti. Non mi piace parlare con chi non conosco. E non per via della famosa frasa Non Dare Confidenza Agli Sconosciuti che ci ripetono continuamente a scuola, che tradotto vuol dire non accettare caramelle o un passaggio da uno sconosciuto perché vuole fare sesso con te. Non è questo che mi preoccupa. Se un estraneo mi toccassse lo colpirei immediatamente, e io so colpire molto forte. Come per esempio quella volta che ho preso a pugni Sarah perché mi aveva tirato i capelli e l’ho fatta svenire e le è venuta una commozione cerebrale e avevano dovuto portarla al pronto soccorso. E poi ho sempre con me il mio coltellino svizzero che ha una lama a seghetto in grado di tranciare le dita a un uomo.Non mi piacciono gli estranei perché non mi piacciono le persone che non conosco. Sono difficili da capire. È come essere in Francia, dove andavamo qualche volta in campeggio quando mio madre era ancora viva. E io odiavo la Francia perché se entravo in un negozio o in un ristorante o andavo in spiaggia non capivo quel che dicevano, e la cosa mi terrorizzava.Ci metto un sacco di tempo per abituarmi alle persone che non conosco. Per esempio, quando c’è una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali e qual è il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.”
“Probabilmente qualche altro inquilino si era accorto di quell'acqua che scorreva fuori da quella porta, ma si era ben guardato dall'avvisare qualcuno, il portiere: la civiltà di massa ha questo pregio, che ciascuno può annegare liberamente senza che gli altri gli diano fastidio nel tentativo di salvarlo. È in fondo una forma di delicatezza e di rispetto dell'opinione altrui di morire da sé.”
“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”