“Nei bar in cui non si poteva nè leggere nè piangere.Quando guardavi indietro sembrava poi tutto sacro. Quando a separarci prima c’era una parete e adesso ci sono due rampe di scale con un eco fortissimo che si ripetono le parole per due volte tutte intere ma i nostri silenzi infiniti. Sprechiamo ancora qualcosa ma assieme, non come i tuoi giri di quando cadevi sempre in scooter. Per immaginarla mi metto degli occhiali da sole anche se non ce n’è bisogno, per il colore della sua pelle che è più scuro. Per resuscitare in un altro bar alle sette di sera. Queste grandiose solitudini, e questi scavi archeologici per mettersi a scrivere sulle tastiere di pianoforti affittati che suonano da anni nei pianobar. Mi ricordi quel personaggio di Moebius che è vestito di un cielo stellato. Uscendo dalla metropolitana non riuscivo mai a capire in che punto sarei arrivato in superficie, in quale degli incroci. Vedevo solo questo rettangolo di cielo che difficilmente era colorato. Poi subito ti travolgevano se ti guardavi troppo attorno ma era bello lo stesso. Se dentro siamo fatti siamo fatti di minerali. E il nostro lato instabile è un cerchio. se l’ametista delle nostre iridi e il piombo delle nostre viscere si fondessero, sai che freddo amore mio d’inverno a mettersi a volare.”
“E lei dice che non è una bambina e non è neanche più atomica.”
“...a scrivere sui muri che mi pensi raramente...”
“.. solo essere liberi di andarsene ogni giorno può dimostrarci la sincerità di un rapporto.”
“Mi capitava spesso durante il giorno di fantasticare su di lei, ma soprattutto su di noi. È bello avere una persona sulla quale fare delle fantasie durante il giorno. Anche se è sconosciuta. Non so perché, ma quando pensavo a lei i miei pensieri non avevano mai il punto. Solo virgole. Erano una valanga di parole e immagini senza punteggiatura.”
“Forse è vero che penso troppo. Ma non è che penso troppo. Mi fisso, è diverso.”