“Mentre piangeva, la luce si faceva finalmente intera nel suo cervello, una luce straordinaria, una luce meravigliosa e terribile al tempo stesso. La sua vita passata, il primo fallo, la lunga espiazione, il suo abbrutimento esteriore, il suo indurimento interiore, la sua scarcerazione rallegrata dai tanti piani di vendetta, ciò che gli era successo dal vescovo, l'ultima cosa che aveva fatto, quel furto di quaranta soldi a un ragazzo, delitto tanto più vile e tanto più mostruoso in quanto veniva dopo il perdono del vescovo, tutto ciò gli tornò dinanzi e gli apparve chiaramente, ma in una chiarezza mai conosciuta prima. Guardò la sua vita, e gli parve orribile; la sua anima, e gli parve spaventosa. Tuttavia sorgeva un'alba di dolcezza su quella vita e su quell'anima. Gli sembrò di vedere Satana alla luce del paradiso.”
“Passando fra gli insorti che si scostavano con religioso rispetto, [papà Mabeuf] continuò dritto verso Enjolras che indietreggiava impietrito, gli strappò la bandiera, e senza che nessuno osasse trattenerlo né aiutarlo, quel vecchio ottuagenario col capo vacillante, ma col piede fermo, salì lentamente la scala di pietre costruita nella barricata. Lo spettacolo era così serio che tutto all'intorno dissero: «Giù il cappello!». A ogni gradino che saliva diventava sempre più terribile: i suoi capelli canuti, il volto decrepito, l'ampia fronte calma e rugosa, gli occhi incavati, la bocca attonita e semiaperta, il vecchio braccio che sosteneva la bandiera rossa, uscivano dall'ombra e ingigantivano nel sanguinoso chiarore della torcia, e sembrava di vedere lo spettro del 1793 sorgere dalla terra inalberando la bandiera del terrore.Quando fu all'ultimo gradino, quando quel fantasma tremante e terribile, ritto su quel mucchio di rovine dinanzi a milleduecento fucili invisibili, si drizzò in faccia alla morte come se fosse più forte di essa, tutta la barricata assunse nelle tenebre un aspetto colossale e soprannaturale. Vi fu uno di quegli istanti di silenzio che accompagnano i prodigi. In mezzo a quel silenzio il vegliardo sventolò la bandiera rossa e gridò:«Viva la Rivoluzione! Viva la Repubblica! Fratellanza! Uguaglianza! E morte!».”
“Al termine di una notte di luna un cane ulula e poi ammutolisce. La luce del fuoco tremola e la sentinella sbadiglia. Un uomo vecchissimo passa silenzioso davanti alle tende, e saggia il terreno con un bastone per accertarsi di non inciampare nelle corde tese. Poi prosegue. La sua gente si trasferisce in una regione più verde. Mosè si reca all'appuntamento con gli sciacalli e gli avvoltoi.”
“Prima di allora non aveva mai capito che la vita ci parla, e che la sua voce dà risposta alle domande che le poniamo di continuo; non aveva mai captato consciamente quella voce, né riconosciuto i suoi toni fino a quel momento in cui la voce gli aveva detto una cosa che non gli aveva mai detto prima, e cioè: - Sì”
“Questa luce, cioè la storia, è spietata; essa ha questo di strano e di divino, e cioè che quantunque sia luce, e precisamente perché è luce, mette spesso dell'ombra là dove si vedono raggi; dello stesso uomo fa due fantasmi differenti, e l'uno attacca l'altro, e ne fa giustizia, e le tenebre del despota lottano con lo splendore del capitano. Da qui, una misura più vera nell'apprezzamento definitivo dei popoli. Babilonia violata diminuisce Alessandro; Roma incatenata diminuisce Cesare; Gerusalemme uccisa diminuisce Tito. La tirannia segue il tiranno. E' una sventura per un uomo lasciare dietro di sé dell'ombra che ha la forma sua.”
“In realtà il patibolo, quando è lì, drizzato, ha alcunché d'allucinante. Si può avere una certa indifferenza a proposito della pena di morte, non pronunciarsi, dire di sì e no, fino a quando non si è visto coi propri occhi una ghigliottina; ma se avviene d'incontrarne una, la scossa è violenta e bisogna decidersi a prendere partito pro o contro di essa. Taluni, come il De Maistre, ammirano; altri, come il Beccaria, esecrano. La ghigliottina concreta la legge: si chiama vendetta, ma non è neutra e non vi permette di restar neutro. Chi la scorge freme del più misterioso dei fremiti. Tutte le questioni sociali drizzano intorno alla mannaia il loro punto interrogativo. Il patibolo è una visione; ma non è una costruzione, ma non è una macchina, ma non è un inerte meccanismo fatto di legno, di ferro e di corde. Sembra ch'esso sia una specie d'essere con non so qual cupa iniziativa; si direbbe che quella costruzione veda, che quella macchina senta, che quel meccanismo capisca, che quel legno, quel ferro e quelle corde vogliano. Nella spaventosa fantasticheria in cui la sua presenza getta l'anima, il patibolo appare terribile e sembra partecipe di quello che fa.È il complice del carnefice: divora, mangia la carne,beve il sangue. Il patibolo è una specie di mostro fabbricato dal giudice e dal falegname, uno spettro che sembra vivere d'una specie di vita spaventevole, fatta di tutta la morte che ha dato.”
“V'è uno spettacolo più grande del mare, ed è il cielo;v'è uno spettacolo più grande del cielo, ed è l'interno dell'anima.Far il poema della coscienza umana, foss'anco d'un sol uomo, del più infimo fra gli uomini, sarebbe come fondere tutte le epopee in un'epopea superiore e definitiva. La coscienza è il caos delle chimere, delle cupidigie e dei tentativi, la fornace dei sogni, l'antro delle idee di cui si ha vergogna; è il pandemonio dei sofismi, è il campo di battaglia delle passioni. Penetrate, in certe ore, attraverso la faccia livida d'un uomo che sta riflettendo, guardate in quell'anima, in quell'oscurità; sotto il silenzio esteriore, vi sono combattimenti di giganti come in Omero, mischie di dragoni ed idre e nugoli di fantasmi, come in Milton, visioni ultraterrene come in Dante. Oh, qual abisso è mai quest'infinito che ogni uomo porta in sé e col quale confronta disperatamente la volontà del cervello e gli atti della vita!”